lunedì 29 luglio 2013

IL PALIZZI RITROVATO


In un pomeriggio di metà estate si parla d’arte… Sarà possibile ammirare dal 31 luglio presso il Piccolo Circolo Garibaldino un inedito dipinto di Nicola Palizzi, una romantica e soleggiata veduta di Vasto datata 1853. Questo dipinto va ad aggiornare il corpus artistico di un pittore poetico e sognatore. La critica lo ricorda da sempre come un uomo cresciuto sotto l’ala protettrice dei fratelli maggiori, dal cui epistolario deriva in larga misura ciò che si conosce della sua vita. La sua minore fama rispetto ai fratelli Filippo e Giuseppe l’ha per lungo tempo condannato ad un ingiusta dimenticanza dal parte della critica. Forse anche a causa delle scarse fonti documentarie e della difficoltà a datare i suoi dipinti, nei secoli sono stati pochi quelli che hanno analizzato il suo percorso scorporandolo da quello dei fratelli maggiori riconoscendolo come un artista autonomo e completo, con un personale e ricco cammino. Ma come evidenzia Berardi nel suo saggio su Palizzi fortunatamente l’osservazione diretta delle opere e il confronto con le realtà italiane ed europee a lui contemporanee ci consentono di ripercorrerne il tracciato artistico. Da qui l’importanza di questa opera, fortunatamente datata, che va ad accrescere e aggiornare il percorso ricreato fino ad oggi. Muovendo dall’inizio di questa avventura artistica è bene ricordare ciò che conosciamo di Nicola. Sappiamo che si trasferisce a Napoli all’età di 22 anni, nel 1842, iniziando un percorso di praticantato artistico che all’epoca prendeva avvio intorno ai 12 /13 anni. Si iscrive al Real istituto di Belle arti di Napoli, centro di grandi fermenti culturali, idee innovative e liberali che si scontravano con il rigore dell’insegnamento accademico. Qui ha come insegnante il conterraneo Gabriele Smargiassi, di venti anni più grande di lui, al cui insegnamento si affianca prima quello del fratello Giuseppe, che nello stesso anno parte per Parigi, poi di Filippo che dopo poco lo lascerà per un suo personale percorso di crescita in oriente. Rimasto senza la guida dei fratelli, Nicola si avvicina agli artisti della così detta Scuola di Posillipo. Giovani artisti che al di fuori delle mura accademiche, sotto la guida di Giacinto Gigante, formano un sodalizio artistico i cui precetti sono incentrati sulla ricerca degli accordi cromatici e tonali e lo studio della luce. Riscoprono tra le bellezze di Mergellina e Marina di Chiaia il piacere di dipingere in libertà e alla luce del giorno. Si parla di ‘vero’ in questa scuola non allineata, della necessità di osservare la natura di ispirasi ad essa. Nasce cosi una nuova educazione artistica per Nicola che nonostante questa vicinanza segue comunque il normale e consolidato percorso accademico: prima l’esercizio sulle stampe, lo studio del rilievo, la copia delle statue, del nudo e solo alla fine l’approccio alla pittura. Nel 1848 vince il premio accademico che gli avrebbe permesso di trasferirsi per tre anni a Roma presso palazzo Farnese, ma i moti del 1848 generarono un clima di repressione da parte dei Borbone con conseguente sospensione delle trasferte degli artisti, cosi Nicola è costretto a restare Napoli. Sono gli anni un cui realizza dipinti con doppio registro, piccoli di impostazione vedutistica, che lo avvicinano agli esiti più moderni dal paesaggismo e della macchia, principi portati poi avanti dal suo allievo Michele Cammarano e dalla Scuola di Resina, e grandi opere con impostazione e carattere ufficiale, da presentare alle biennali borboniche, che riscuotevano grande successo, conferendogli notorietà. Si arriva cosi agli anni in cui Nicola inizia a viaggiare e realizza grandi vedute di marine, di rocce, di piazze e paesaggi, molte di esse conservate nella Pinacoteca Civica di Vasto. Grazie al dipinto che stiamo per ammirare scopriamo che nel 1853 torna nella natia Vasto. Realizza, probabilmente in estate, questa veduta panoramica del centro storico, visto da una certa distanza, ottenuta con toni rosati e con una composizione piacevole. Una resa immediata, con un punto di vista leggermente rialzato, che risponde ai classici canoni vedutistici, ma con una sintesi costruttiva che preannuncia gli esiti della “macchia”. L’organizzazione plastica e dello spazio, costruita attraverso piani di luce netti, che scandiscono la profondità è estremamente moderna; modernità che emerge chiara se lo si confronta con la coeva veduta di Vasto di Smargiassi. Dal paragone con le due opere emerge chiara la freschezza di visione dell’allievo. Siamo davanti all’opera di un giovane che omaggia il suo maestro, con un occhio attento all’innovazione. Il dipinto di Smargiassi è caratterizzato da una cromia più spenta, che predilige l’uso di colori neutri come gli ocra ed i marroni. Una tavolozza meno ricca di variazioni tonali e una costruzione spaziale che denota minore interesse verso la scansione di piani ottenuta da Palizzi attraverso nette linee orizzontali. Caratteristica questa che Nicola consoliderà negli anni a venire; anni in cui realizzerà dipinti di grandi dimensioni. Successivamnete Nicola si reca a Parigi, città che segnerà la vera svolta e che lo renderà un artista maturo e consapevole. Nuove esperienze lo porteranno ad avvicinarsi alla pittura a corpo, ad una sintesi costruttiva e che lo porta a realizzare una pittura possente, estremamente più moderna di quella dei fratelli maggiori. Il suo traguardo è la realizzazione di dipinti con una grande saldezza compositiva ed una modernità delle linee raramente raggiunta dai fratelli. L’analisi delle forme e della luce di Giuseppe, maggiormente da parte di Filippo tendono a deframmentare la forma, Nicola è in grado di individuarne e sottolinearne la solidità, la compattezza e le volumetrie delle forme. La critica si è occupata a fasi alterne di questo artista, spesso relegandolo ad un ruolo secondario e di contorno. Mi piace ricordare come proprio nell’anno della realizzazione di questo dipinto, nel 1853 il critico Carlo Tito Dalbono gli dedica il primo saggio critico. Dagli anni novanta, dopo un lungo periodo di diminuzione dell’interesse da parte del pubblico e della critica, per la pittura vedutistica e dei fratelli Palizzi, la figura di questo artista è riscoperta e rivalutata grazie alle ricerche di Mariantonietta Picone Petrusa, che per prima ne ripercorre le vicende, e anche grazie alle due importanti esposizioni realizzate a palazzo d’Avalos tra il 1999 ed il 2000. Segue di nuovo un periodo di oblio, ma nel 2008 con il testo “i Palizzi e il vero” si riaccendono riflettori su tutta la famiglia. Oggi con l’aggiunta di questo dipinto al percorso artistico di Nicola possiamo aggiungere un altro importante tassello che arricchisce la nostra conoscenza di questo illustre concittadino. La cui prematura scomparsa, subito seguita da quella del fratello minore Francesco Paolo, “decretò l’inizio della vecchiaia dei maggiori”, come viene ricordato nel testo di cui sopra.

venerdì 26 aprile 2013

IL CASTELLO DI PALMOLI

Da oggi ho deciso di parlare un pò delle bellezze architettoniche e paesaggistiche della mia regione....da circa un anno gestisco un bed and breakfast, mi sono accorta che molte delle persone che si trovano a passare in Abruzzo, non conoscono questa regione e spesso mi chiedono "ma cosa c'è da vedere?" questo mi ha portato a riflettere sul fatto che al di fuori dei confini regionali poco si conosce dell'Abruzzo...certo vi sono delle città balzate agli onori della cronaca, vedi L'Aquila, ormai dimenticata e Pescara...almeno in questi ultimi giorni ci siamo tolti un pò di polvere di dosso con le celebrazioni per i 150 anni dalla nascita di Gabriele D'Annunzio....ma poi???cosa c'è in Abruzzo...bè vi assicuro che c'è tanto altro... A parte la mia Vasto, a cui dedicherò maggiori info più avanti vorrei parlare di Palmoli e del suo castello, forse perché nei miei giri domenicali ci sono capitata recentemente... PALMOLI soleggiato paese delle provincia di Chieti ha il suo fulcro nel castello marchesale edificato in epoca medioevale. Ubicato nel lato nord, in zona "Le Coste", il castello il cui primo impianto è stato realizzato probabilmente intorno al XIV secolo, ha una una torre dodecagonale cinquecentesca. Recentemente restaurato ospita il "Museo della Civiltà Contadina" dove è possiible ammirare alcuni oggetti e utensili di uso comune fino a circa 50 anni fa. Suppellettili, attrezzi per il lavoro nei campi, nelle cucine, tegami, vasi, e oggetti più disparati provenianti dalle case del paese e del corcondario, costituiscono questo interessante museo che vuole evocare un perido della nostra storie e ricordare quali furono le usanze domenstiche degli abruzzesi. L'ambiente è reso ancora più interessante da foto e documenti che arrichiscono ulteriremtne il percorso museale.

giovedì 21 febbraio 2013

MUZII, LEGNI E SEGNI, l'anima, la poesia, il gesto

A distanza di un anno, o poco più, eccomi nuovamente a parlarvi di Giuseppe Muzii. Questa volta l'artista, nonchè amico, espone una selezione delle sue opere presso il Museo delle Genti d'Abruzzo a Pescara. Sarà possibile ammirare i suoi lavori fino al 24 febbraio quindi affrettatevi !!!! Per maggiori info sulla sua arte e sul suo 'poetare con i legni' vi rimando al post precedente!!!! ciao!!!! P.S. ORARI APERTURA MOSTRA lun- ven 9-13 sab- dom 16-19 INGRESSO LIBERO www.gentidabruzzo.it