martedì 18 novembre 2008

ANGOSCIA DEL PRESENTE O SPETTRO DEL PASSATO?

L’ottocento europeo ha conosciuto un orientamento rivoluzionario di fondo attorno al quale si è organizzato il pensiero filosofico, politico, letterario, la produzione artistica e l’azione degli intellettuali.
Dalla metà dell’800 il rapporto fra arte e società si arricchisce di elementi nuovi. Fin dai tempi di Delacroix, di Courbet, di Pellizza Da Volpedo il realismo con accentuazioni umanitarie, la solidarietà sociale, la denuncia, sono temi che entrano prepotentemente a far parte del mondo dell’arte.
Lungo il filo dell’evoluzione artistica dal Realismo si giunge all’arte sociale e politicamente impegnata passando attraverso l’amara ironia dell’Espressionismo tedesco e la forza del Futurismo. Nel corso dei secoli il tema rimane invariato, la denuncia, la rappresentazione degli oppressi, il disagio della gente al margine.
All’invarianza del tema e del contenuto corrisponde però un’infinita e molteplice varietà linguistica. Questo filone artistico “dell’arte sociale” si sviluppa fino ai giorni nostri.
Negli ultimi tempi si parla ampiamente del problema “immondizia”in Campania a volte si fa l’errore di pensare, o si tende a far pensare, che tale problema è nato ora, in questi giorni negli ultimi tempi, durante l’ultima campagna elettorale, ma andando oltre, scavando nelle notizie si “scopre?” che questo dramma non è nuovo, ma è lì, presente da anni, da troppi anni...talmente radicato da rendersi quasi ovvio, scontato, per chi lo vive tutti i giorni sulla propria pelle. Anche se i giornali, i media, ne parlano come di un evento del tutto sconosciuto e ora purtroppo, in parte strumentalizzato.
C’è da chiedersi e gli artisti?…cosa dicono? Gli artisti sensibili ai problemi della società, occhio che scruta trasversalmente tutte le vicende che ci circondano e ci sovrastano. Anticipando spesso le problematiche denunciando i mali dell’animo umano, gli artisti come attenti cronisti delle diverse anime nascoste della nostra società come vivono questi drammi?
C’è un artista che già dal 1973 attraverso un dipinto denunciava la presenza incombente, soffocante del problema immondizia, nella splendida città di Napoli. Napoli dai mille colori, la Napoli, dai mille volti e delle mille sorprese.
Napoli derisa, umiliata, la città che non finisci mai di scoprire, la città che già tante volte è stata schiacciata dai suoi stessi sistemi, ma che trae forza dai suoi medesimi drammi. L’artista è Armando De Stefano, il dipinto: Napoli bandiera gialla settembre 1973.
In questo periodo Napoli è colpita da una dilagante epidemia di colera. Mentre la città vive il questo dramma“la notizia rimbalza in un lampo sulle prime pagine dei giornali. La città sembra ripiombare di colpo in un'altra epoca e inizia la caccia al colpevole. Chi sono gli untori? Sul banco degli accusati salgono gli allevatori di cozze. Si dice siano loro a diffondere il morbo, la folla preme contro i cancelli, iniziano i disordini: montagne di rifiuti vengono incendiate a Bagnoli e a Capodichino, e inizia in molti quartieri una guerriglia urbana a cui la polizia risponde con i lacrimogeni”.
Mentre a Napoli si vive in questo clima di terrore Armando De Stefano è impegnato nella conclusione del ciclo pittorico dedicato a Masaniello e l’inizio del ciclo di Odette.
Entrambi i cicli pittorici legati alla tematica del riscatto sociale, della rivalsa in un’elaborazione pittorica in cui è evidente la predilezione e il recupero del valore simbolico di personaggi storici anticonformisti, indipendenti, vittime dei poteri, agnelli sacrificali della storia e degli errori umani. In questo clima turbinoso e concitato. L’artista realizza Napoli bandiera gialla. Un’allegoria dei mali di Napoli, dipinto simbolico, ma quanto mai attuale, emblema di una realtà nota agli occhi dell’artista. Eventi che tristemente si ripetono anche oggi nel 2008.
Una massa caotica, fluente e continua di oggetti di uso quotidiano sommergono un corpo seminudo ormai privo di vita. Un cumulo di detriti, immondizie, scarti della società, rottami bottiglie si dipanano ai piedi di un attonito Vesuvio che si staglia contro il cielo azzurro caratteristico del golfo di Napoli.
I colori sono forti accesi, i contorni netti e definiti, frammenti logorati della nostra storia si mischiano a oggetti di uso comune facendo mostra di se su di un corpo umano.
Il dipinto si propone come metafora dell’uomo schiacciato dai suoi stessi miti e dai suoi stessi “prodotti”. Gli oggetti quotidiani da “indispensabili” si trasformano in soffocanti presenze, impossibili da eliminare e ricacciare indietro.
Lo stesso De Stefano li definisce “simboli al contrario”il fusto del detersivo, i contenitori di plastica. Ma è anche la nostra storia che si ripropone, le coccarde giacobine, i fregi in pietra, i giornali che in questo contesto assumono il valore simbolico della rivolta e del riscatto sociale. Diventano pesanti e opprimenti elementi che attanagliano Napoli, l’Italia, e l’essere umano.
L’amara ironia è data dai colori di questi oggetti che rimangono intensi, luminosi nel tempo mentre l’essere umano con un colore cinereo di morte appassisce e inaridisce sotto una maglia di ferro.
La Pittura di De Stefano è realistico sociale, con una forte adesione ai principi del neorealismo che lo conducono verso una pittura vigorosa dal segno deciso e un cromatismo dai toni caldi. Dettami artistici e stilistici che ritroveranno rinnovato vigore negli anni ‘60 dopo un incontro con Francis Bacon e dopo un periodo più simbolico e una figurazione meno definita.
Il dipinto Napoli bandiera gialla 1973 è conservato presso la galleria d’arte contemporanea Mediterranea presso palazzo d’Avalos a Vasto (Ch), costituita da una serie di dipinti di otto pittori quattro italiani e quattro spagnoli, frutto della donazione dei coniugi Olivares Paglione.

Roberta Presenza